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April 27, 2023

Kant e il Paradosso di Fermi

Parliamo adesso di un approccio fruttuoso al paradosso di Fermi che non mi risulta sia stato preso in considerazione dagli studiosi che tentano ancora di risponderlo. Mi riferisco a una soluzione che segue necessariamente, a fortiori, dall'“Estetica trascendentale” di Immanuel Kant, prima parte della sua “Critica della Ragion Pura”.
Eccolo: la nostra ricerca di alieni, ovunque la facciamo, è sempre una raccolta di informazioni attraverso  il nostro apparato senso-percettivo, potenziato o meno da strumenti tecnologici.
Ogni stimolo proveniente dall'esterno raggiunge la nostra mente solo dopo essere stato colto da uno qualsiasi dei nostri sensi (vista, olfatto, gusto, tatto, udito). Questo processo avviene in modo tale che, prima di arrivare alla coscienza, qualsiasi informazione riceva sempre una precedente (a priori) impronta spaziale e temporale, attraverso un imprinting che è tratto essenziale della nostra 'intuizione sensibile'.
Non c'è motivo di presumere che qualsiasi alieno, un ipotetico essere extraterrestre eventualmente generato da un qualche tipo di evoluzione biologica (o di altra natura) da qualche parte nell'Universo/Multiverso, dovrebbe essere dotato anche di sensi simili modellati in modo da catturare il Tempo e lo Spazio allo stesso modo della nostra coscienza.
Non esiste alcuna logica concepibile per immaginare che la capacità di catturare dati dall'esterno da parte di un alieno deva essere neanche compatibile anche con la nostra, condizione ovvia per qualsiasi contatto con le menti umane.
NIENTE ci permette di alimentare il pio desiderio che esistano esseri extraterrestri la cui percezione sensoriale potrebbe essere condizionata spazio-temporalmente tanto quanto la nostra.

D'altra parte, dobbiamo sottolineare che qui non si tratta di negare la realtà al mondo esterno, né di dire che il Tempo e lo Spazio sono concetti senza alcuna contropartite fisiche. Non c'è idealismo ontologico in Kant, cioè non afferma che l'essenza del mondo esistente sono le idee, come fa Platone. Per Kant, Il Tempo e lo Spazio sono strumenti umani per catturare il mondo, dietro il quale si presume un'esistenza indeterminata di qualcosa di inconoscibile, inaccessibile alla nostra coscienza senza la loro mediazione a priori.
 

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