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December 15, 2024

As Verdades de Nietzsche


Nietzsche não diz o que queremos ouvir, nem o que traz paz a nossas paixões. Aponta apenas para os poderes terríveis de impulsos indomáveis, aqueles que o convivio social tenta suprimir através da máscara do Ego. 
Máscara que só nossos sonhos conseguem driblar.

December 14, 2024

A FRASE DIFÍCIL

Atendi em consultório, há uns 20 anos,  um homem com uma história semelhante à dos jagunços de Grande Sertão Veredas, do Guimarães Rosa. Envolvido numa guerra de famílias do sertão a oeste do São Francisco, seu modo de falar tinha regionalismos fortes.
Depois de narrar seus problemas, mais vivenciais que psicológicos,  sempre a esquivar-se dos detalhes por alguma razão, sintentizou assim o motivo de sua consulta :

--Doutor, estou numa frase difícil!

Lungo Sopra Il Mondo



 
“Sì, pero quién nos curará del fuego sordo, del 
  fuego sin color que corre al anochecer...

"Quando l'ho trovato eravamo studenti e avevamo pochi contatti. C'è stato un solo giorno in cui i nostri occhi si sono incontrati. Niente di più. Non abbiamo mai avuto nessun altro tipo di approccio. Immediatamente si paralizzò, compose versi brevi, intersecati, poi improvvisamente si allontanò, come chi vede la possibilità di qualcosa come Dio, e vuole, ha bisogno, o è costretto ad rimanere ateo. Lui distolse lo sguardo dagli occhi miei, come se li allontanasse del forte sole di mezzogiorno.
Poco dopo, davanti a casa mia, la costruzione s'iniziò. In pochi giorni, e senza essere in grado di capire come, è stato fatto - per attraversare l'ampia strada - una passerella in stile fiorentino medievale. Sì, un'immensa passerella con affreschi di Giotto. Gli architetti sono corsi a esaminarlo con i lunette, perché non oserebbero un approccio più vicino, per lodare la sua eccellenza artistica. Esperti internazionali hanno pensato di portare il questo capolavoro a una mostra che si svolgerebbe proprio a Padova. Sicuro che io non lascerebbe mai che lo facessero.
Dopo l'università, le nostre strade si sono completamente disgiunte. Seguiamo vite separate, ognuna con il suo labirinto di cerche, illusioni, amori, bambini, momenti e spazi. Sapevamo a malapena se fossimo ancora vivi. Tranne il blu della passerella ogni giorno lì. Tranne gli sguardi degli affreschi.
Ho sempre saputo che toccava a me attraversarla, da sola, nessuno al mio fianco. Nuda lo incontrava, fin dalla prima notte in cui la passerella era lì. Non l'abbiamo mai fatto. Non ci siamo mai incontrati, entrambi nudi in una notte calda - sopra le centinaia, migliaia di auto che arrivano sempre poco prima dell'alba - per amarci come gatti in calore, come insetti che volano in copulazione. No, non ci siamo mai incontrati lì, nonostante il fatto che questo sia l'unico scopo di quest'opera d'arte piena di sguardi, cioè, trovarci io e lui nascosti all'alba, come fanno tanti amanti, tanti cani, tanti insetti. Seguiamo una vita diversa e lontana: non so quasi dove sia durante i pomeriggi, dove trascorre le sue notti fino all'alba della luna piena. Siamo sempre rinati sotto la luna piena, come quando abbiam capito di essere entrambi fatti per questo desiderio così intenso. Ma solo qui sopra questo magnifico ponte, dove ci postiamo nudi alla vista solo delle figure degli affreschi. Che begli occhi! Lui mi racconta che quella è la Beatrice di Dante e che il mio sguardo e quello di lei sono la stessa cosa.
 No, non potremmo seguire le vite di coloro che ci prendono per prosaici, ogni giorno ripetuti, mortali e solitari irrimediabili. Ecco perché, dal nostro primo momento, siamo stati in grado di venire ciascuno dal suo angolo della città, ciascuno al suo fianco della passerella e infine incontrarci nel punto più alto. Sotto la luna piena, i nostri corpi nudi, lui mi accarezza dolcemente e mi bacia. Mi tocca i seni con la sua lingua calda e li divora. Mi tocca le cosce e mi penetra tanto forte e duro quanto è il penetrare del leone nella sua femmina in mezzo alla savana. Rigido, spesso, morbido e gentile, mi dice che i miei occhi sono davvero il Sole e che con la forza della loro luce ha potuto costruire questo ponte, dove non ci siamo mai incontrati".

"Era in pieno giorno che è stata vista nuda, attraversando la passerella per la prima volta. Lei veneva per trovarmi. Si fermò lì a mezzo traietto, dove, senza mai incontrarci, ci possedevamo sotto lo sguardo degli affreschi. Sembrava mancarmi. Aveva paura di non incontrarmi di nuovo, perché era la prima alba in cui era lì da sola sopra quella ampia strada, sotto la splendida luna, tra il blu scintillante degli affreschi, in attesa di un solo momento per nostro incontro.
Nuda, nel bel mezzo della giornata, solo i tuoi occhi potevano forse osare l'intento di rubare la bellezza delle tue cosce, i tuoi capelli, il tuo seno, la tua figa, la tua bocca, i tuoi capelli, i tuoi piedi. Non potendo trovarmi, dato che non ci siamo mai trovati su quella passerella, hai guardato attentamente quell' affresco in cui Giotto rappresentava la Beatrice stessa, e alla fine hai capito. Hai capito che i veri amanti sono eterni, i loro corpi non si incontrano mai per soddisfarsi, e si tengono sotto la luce della luna durante le notti calde di un'estate perpetua, su ponti che attraversano piccoli ostacoli così come il mondo. Questo mondo dove gli esseri umani vanno con le loro macchine. E che questi corpi amorevoli si penetrino uno al altro sempre, come quelli dei leoni che ruggiscono di calore, al di sopra di una trasposizione creata dall'ardore dei loro occhi.
È stato allora in bel mezzogiorno, che per la prima volta eravamo tutti e due nudi e presi dallo stesso calore, su questa passerella di sopra il mondo. Non temo più i tuoi occhi, come quando li ho confrontati con il dio del sole (figura poetica che adesso mi pare poverissima). Non temo più i tuoi occhi. Loro sono Dio".
Nadie nos curará del fuego sordo, del fuego sin color que corre al anochecer...”                    Julio Cortázar, Rayuela, 73


 


 [L'autore di questo poemetto ha pubblicato il romanzo 'L'Ultima Civetta', che può essere scaricato (anche come campione gratuito) facendo clic sul suo titolo qua 'L'Ultima Civetta'






A Midsummer Nightmare

A photo by this author

Some years ago, in the middle of a strong heat wave hovering our huge megalopolis I woke up shortly after a vivid dream,which I now wonder  whether it was a premonition, a nightmare or a good omen for so many other living beings? Here goes what I did hear while dreaming, as a strong hallucination:


You woke up from a profound sleep and saw your hands were then a exquisite pair of fascinating orchids.
You went out walking through your giant now deserted city, enthralled and very proud for being at least partly orchids.
Yet, knowing how ephemeral they are, you feared their annihilation. To deal with such a dread, from your arms have stuck out fresh green leaves, ensuring you that, when the orchid flowers would perish away, the plant as a whole might remain. Someday new pretty orchids would certainly sprout again from your own body.
Orchids, however, need tree branches as support to keep living. Both arms jumped out from your trunk, then changed into huge baobabs. Those so pretty flowers had from thence on survival assured. Astonished, after taking a look at the now freed living beings which just before had been your arms and hands, you resumed walking adrift.
Some blocks farther, all your hair fell at once to the ground, each one of your hairs becoming a mighty earthworm which began piercing, melting, and changing asphalt and concrete into pure earth.
Your left leg's skin became thick like fish scales. This limb detached from the your hip as a huge anaconda. Overwhelmed by dread, you imagined it would devour your whole body up, but the reptile didn't even pay any attention to your being, creeping in the opposite direction of your hurried coward escape.
Both your ears became exuberant butterflies, vividly colorful.
Your right leg went away too, turned into a pretty iguana couple.
You always thought you'd never lose your noble brain, "Creation's climax", but all of a sudden a hole was opened on your head's top, on place of infancy's fontanel, and soon all your skull's content was felt as slipping over your skin as lousy slugs, cockroaches and roundworms.
Notwithstanding all this, you still kept on thinking and feeling every event with cruel, intense voluptuousness.
From your opened navel, viscera were finally able to jump out. Your bowels have assumed a queer and grotesque shape of a weed which you always had loathed. They fell to the ground, took roots, and thrived on. From your spleen sprang up a bull that began to graze there on side of whatever was still remaining of your body.
Your pancreas jumped up into the air, changed into a noisy hen; your kidneys into two bats. Also your liver flew away, now a big vulture, Prometheus's bird as it is recalled, who smiled ironically as seeing your still alive remains, told you good-bye, and headed fast to the Caucasus.
Your bladder bloomed as a huge mushroom.
You lost the face as a huge turtle occupied the whole of your skull. Before this, your eyes had already flied away as two firefly's clouds.
Still wandering throughout your city's huge desert, you remained still overwhelmed by a ruthless ecstasy.
Your spinal column hurried away to the sea, changing into countless octopuses, squids, jellyfish, lobsters, crabs, shrimp.
Your breath stopped, since both lungs became a pair of copulating dolphins.
Your heart was not able to change into any worthier being than a lonely single housefly
Almost all of what still remained of your skin became then huge clumps of foliage, and of your muscles, dozens of small lizards.
Nonetheless, you were stil staying alive, intensely and excruciatingly feeling time and things.
Only when your male genitals lastly freed took flight from you, turned into a never seen and so splendid owl, were you able to see that there wasn't any more place for you on Earth.
You were finally dead.
Extinct.


"Earth provides enough for every person’s need but not for every person’s greed."                                Mahatma Gandhi


The Dialectics of Desire










Detail from 'The Land of Cockaigne', 1567, by Pietr Bruegel, the elder, dutch renaisssance artist.

If, in its beginnings, industrial capitalism did try to enhance forms of sexual repression, today it makes the alleged 'general liberation' its most powerful weapon.
Let us try to reflect on this topic from the perspective of Hegel's dialectic: when the master sexually represses his slave, the latter's desire only intensifies, as in a pressure cooker. It grows and changes his entire mind, he doesn't let himself die like that, at all!
May be for weak people, such a pressure may to favor subordination, undermining social awareness, but for stronger ones any interdiction to sexual satisfaction, is only capable to enhance the will to free themselves, to escape, to revolt, to organize together with peers in order to put an end to slavery.
At first the dominant classes tried sexual repression as a tool to masses control, until it became obvious what a bad deal any fight against the explosive force of Eros was.
"The romantic fashion now is the naked date", a verse from a very cheesy song from some ago, I cannot but remember. The fashion now is the "general liberation", meaning let people have sex as much as they want or can, in whatever way desired.
Not forgetting to provide them tons of porn films displaying lots of fucking at any time, for everyone. Who doesn't get aroused by porno screen scenes?
Anyone who doesn't get a boner by seeing people having sex, even if on cell phone screens, is either sick or has already died.
There is no need more to fear unwanted consequences of copulating, since there are many ways to contraception, 'but if you happen to be unlucky, and even forgot to take a 'morning-after' pill, it's enough to remember that in this 'Brave New World' nobody is allowed to condemn your choice to empty the uterus. No politician nor religious fundamentalist will interfere with your free choice.
Such alleged 'liberation' is the trivialization of sex, in other words, the emptying of any greater desire meaning. 'Everyone can have sex the way they want, no frills, whenever they want. Enough! Since genitals are yours alone, do with them whatever you wish!
The easiest way to minimize desire's revolutionary energies is to take away its deeply personal meanings, turning its 'satisfaction' easy and commonplace.
Hence, the trivialization of the masses sexual activity is an extremely efficient way of subjugating the peoples, because a true orgasm's achievement far transcends the mere genital physiological relief.
Previously, strong tensions arising from repressed sexual desires had a potential to fuel clandestine reactions against sociopolitical oppression, which could lead, sooner or later, to rebellions and eventually to the destruction of the dominant power structure.
Nowadays the overwhelming trivialization trend of sexuality, always followed by severely scorning at any alert against the mass media control of mankind private lives, seems everywhere to be part of an orchestration whose aim is to deprive human wishes of any true, deep meaning.
Sexuality belongs to the sacred essence of the being human!
Deprived of any deep personal meaning by sheer trivialization, it becomes only a physiological function as trite as urinating or defecating. Thus, the nihilistic essence of the so-called “sexual total liberation” unmasks itself by turning our most sacred, divine drive into nothingness.

Suggested reading:

MELANCOLIA, de Lars von Trier (Primeira Parte)

 

                             
 Este ensaio dedico à Filósofa Profª Drª Maria Lúcia Cacciola, da Universidade de São Paulo, com quem tive meu primeiro contato com a obra de Schopenhauer, e com a LebensPhilosophie (Filosofia da Vida).


O que pode ser mais pessimista do que acreditar que o fim de tudo está bem próximo? Não a hora da própria morte pessoal, que sabemos de data incerta mas inevitável, mas o fim do mundo e/ou da espécie humana? Pois de tempos em tempos, certamente há séculos e séculos, milênios, multidões se convencem de que vive a humanidade na iminência de sua aniquilação. Chegamos a ter vários fins de mundo anunciados depois de 1950. E estamos em 2012, à espera do solstício de inverno/verão, o término mesterioso do calendário Maya. Ficamos impressionados com a avançadíssima astronomia desse povo: como puderam calcular tão bem um solstício que ocorreria 1000 anos mais tardes? Seriam eles muito mais avançados do que nós, a ponto de saber a verdadeira data de alguma catástrofe planetária?

Por que nós, humanos, tanto pensamos nisso? Seria uma forma de não pensar em nossa própria  morte individual e inevitável? Um prazer sádico e alucinatório-delirante de levar a humanidade toda junto?
Haveria um benefício a nossa economia psíquica em crer no doomsday, como sugeriu Freud? E que Nietzsche já havia intuído quando dizia que preferimos  "querer o Nada a nada querer"?


Nosso medo de tais profecias parece estar aumentando recentemente. Talvez porque o tempo está aceleradíssimo: a cada dia os homens deixam menos horas para seu lazer, pois não querem perder o bonde dos que querem alcançar o tesouro primeiro:



"No fim do mundo tem um tesouro
 Quem foi primeiro carrega o ouro..."
(Trecho de Pois é pra quê, do MPB4)

A criação absurdamente acelerada de novidades tecnológicas,  cuja utilidade ninguém sabe, nem pode ou quer parar pra pensar e questionar, trata de tornar nossas vidas cada vez mais curtas em tempo pra nós mesmos, para o pensamento. Ainda que cada vez fiquem mais esticadas, na medida física dos relógios, a vida destas estranhas máquinas a que Deleuze e Gattari chamaram de 'machines desirantes'  no Anti-Édipo: nossos corpos.


Nas cenas iniciais de Melancolia de Lars von Trier, as imagens são de morte, pesadíssimas: uma noiva com olhar cadavérico, aves desabando do céu, uma mãe  a agarrar sua criança, certa do pior, a Terra por fim engolida por gigantesco e desconhecido astro! Trata-se de um prólogo-epílogo, em que a protagonista Justine, bem como sua irmã Claire, a mãe desesperada face à morte iminente de seu filho ( mais que de toda a Natureza ), aparecem em cenas mudas,  de tons surrealistas. Desde o início, portanto, sabemos que não há qualquer esperança!


Seria intenção do roteiro denunciar que o colapso terminal da espécie já é inevitável, e que já não seremos capazes de revertê-lo?


Pessimismo excessivo de Lars von Trier? Schopenhauer foi grande  pessimistas ou realista?


A trama restante se divide em  2 partes: 'Justine' e 'Claire', os nomes das duas irmãs. Ao fundo se ouve uma ária lindíssima da ópera Tristão e Isolda, de Richard Wagner.

Em tal ópera, os amantes, os dois protagonistas vivem o mundo da hipocrisia durante o dia, período em que são obrigados a fingir ter aceito o casamento de Isolda com o rei Mark. Encontram-se à noite,  levados por intensa paixão.
Para Schopenhauer, tão admirado por Wagner, busca pela satisfação de seus desejos leva os seres humanos a uma vida de hipocrisia, de falsidade irremediável. Na trama de Tristão e Isolda, a isso corresponde o 'dia'. Todavia, o filósofo nos diz que estamos condenados a jamais satisfazer tais quereres profundos, e que só a morte pode libertar-nos. Wagner simboliza aqui a 'noite', a morte, via única de cessação do sofrimento.

PRIMEIRA PARTE: Justine


Pois na primeira parte, Justine, tudo é totalmente falso. Tão falso quanto nosso mundo hiperconsumista e já sem saber para onde ir, sem sentido, sem utopias.

Os noivos tentam ir da igreja (que não aparece) para o casarão do cunhado dela numa limusine branca, imensa. Só que com ela têm que atravessar uma trilha estreitíssima, em que mesmo um jipe 4x4 estaria em apuros. Um absurdo GRITANTE! Claro que não conseguem tirar dali o veículo, mas mesmo assim fazem várias tentativas, impensadas.
A sociedade hiperconsumista, que valoriza a ostentação de riqueza para além dos graus mais absurdos, está representada nessa imensa limusine lutando contra a trilha. A humanidade está destruindo a Terra, em nome de ostentações fúteis, e de 'progressos' inúteis, mas não pára um instante pra refletir e mudar esse triste, melancólico roteiro que a conduz aos piores desastres. E, por que não, pode mesmo levar ao fim de tudo!

Chama a atenção na festa de casamento de Justine, a repetição, totalmente esvaziada de sentido, de estúpidos rituais, sem nenhum espaço para qualquer emoção nova. Todos são autômatos, com a exceção única da noiva, cuja angústia crescente denota uma busca de outro modo de viver. Claire cobra da irmã por seu atraso, John, o cunhado ricaço, repete o eterno mote do "eu posso, eu tenho, pois nado em milhões", o pai da noiva quer mostrar que tem duas mulheres, e é essa sua performance narcísico-machista. O patrão de Justine tenta transformar a festa em show business, em que a noiva lhe deve dizer o slogan de que tanto precisa pra estourar as vendas de uma coisa inútil qualquer. A mercantilização da vida humana é tudo o que interessa no sistema econômico-político de nosso tempo. Os noivos bailam 'La Bamba', o que me impressionou, pois nunca fui a uma festa de casamento em que não se tenha dançado 'La Bamba'. Como o enredo se passa na Dinamarca do diretor, me ocorreu imaginar que a repetição vazia se propaga muito não só no tempo, mas também no espaço. Tudo sempre igual: os noivos cortam seu bolo, de baixo para cima 'pra dar sorte', ele se sente compelido a transar logo após o corte do bolo, e sem reparar no total desinteresse da parceira, em sua intensa angústia. E a festa segue roteiro extremanete rígido, como tudo em nossas vidas contemporâneas: RELÓGIOS, a cada dia mais precisos, inutilmente: centésimos de segundo, depois, milésimos, depois milionésimos, e assim vai. Até o desentendimento dos pais divorciados é o de praxe: pai bêbado, simulacro de galã, mãe autoritária e arrogante, põem-se a discutir, sem nenhuma preocupação com os sentimentos dos noivos ou dos convidados. A mãe diz "não estive na igreja, porque não acredito em igrejas. Odeio casamentos, muito mais ainda quando envolvem minhas pessoas mais próximas e queridas". Cada genitor quer dar o seu show, e esse episódio da eterna guerra dos sexos é propelido por simples egoísmo, por mesquinhez. Nem o machista nem a feminista chegam a pensar nas emoções da filha e de seu par; apenas em seu próprio triunfo individual, marcadamente narcísico, quase autista.

Quando o noivo quer forçar a transa, Justine pede um tempo. Tim, o rapazinho que tem que lhe tirar a saca-rolha o tal slogan, põe-se atrás dela, que foge para o jardim. Ele insiste, e ocorre então algo aparentemente inesperado: ela o faz transar com ela. Seria de fato inesperado em outros tempos, não nos de hoje, de suposta maior liberdade sexual.
Em seguida, o patrão da protagonista e de Tim vem tentar manipulá-la emocionalmente, dizendo que o pobre rapaz está já despedido por não ter realizado a tarefa. A noiva percebe a manobra e, fortemente indignada, diz que ele e sua firma são o nada e a mer...! O empresário milionário da propaganda se ofende, despede Justine, quebra um prato e vai embora da festa.

Ouvi certa vez de uma senhora, que se havia sido professora de publicidade: "O marketing É a verdade!".

Nada original, visto que Goebbels, ministro  da propaganda de Hitler, já pensava assim, chegando a tendo proclamar que "uma mentira dita 1000 vezes se torna verdade"...
Que bom saber que tais pessoas jamais chegarão perto de nossas universidades, onde o que tem que prevalecer é apenas a ciência, jamais  essa falsa verdade do mercador, o marketing.


O noivo se sente muito triste, desiste da festa e do próprio casamento.Todos partem.

Essa primeira parte, Justine ( nome de uma heroína do Marquês de Sade ), se encerra com a aproximação crescente do planeta Melancolia, com a inquietação  dos cavalos.

O análogo a esse primeiro trecho, na ópera Tristão e Isolda é o 'dia', como já dissemos, o tempo da falsidade completa nas relações humanas, onde ninguém mais sabe a emoção que corresponde a cada gesto que repetem os homens há milênios. Por exemplo, quando alguém fez sua festa de casamento nos primórdios da história, deve ter tido pela primeira vez a idéia de que os noivos juntos cortassem o primeiro pedaço de bolo ( apenas um exemplo, sem preocupação de ser exato). E houve grande emoção e sentido em tal gesto, que muitos começaram a imitar. Hoje, virou ação obrigatória dos noivos! E ninguém vê emoção ou sentido nisso... Tampouco sabe como se justificou no início.
Isso mostra que a vida se esvazia de sentido pela repetição do passado vivido por outros e que, de tanto repetir, nos tornamos autômatos condenados a não saber mais o que é uma emoção genuína, primeva.
Nietzsche aponta aí, analogamente, a inconveniência dos estudos históricos: perdemos a liberdade de viver nossa própria vida, cometendo nosso próprio erro. E isso nos lembra Chico Buarque com seu Cálice:

"Talvez o mundo não seja pequeno (Cale-se!)

Nem seja a vida um fato consumado (Cale-se!)
Quero inventar o meu próprio pecado (Cale-se!)
Quero morrer do meu próprio veneno (Pai! Cale-se!)
Quero perder de vez tua cabeça! (Cale-se!)
Minha cabeça perder teu juízo. (Cale-se!)
Quero cheirar fumaça de óleo diesel (Cale-se!)
Me embriagar até que alguém me esqueça (Cale-se!)"

SEGUNDA PARTE: Claire


( Dada a extensão desta análise de Melancolia, publico agora a Primeira Parte, Justine, mas logo depois virá outra postagem com a análise da Segunda Parte)


December 11, 2024


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