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May 19, 2021

L'Io tra il Potere, le Bugie e le Realtà

Photo from unsplash

Immanuel Kant
, il grande filosofo tedesco del tardo Settecento, avrebbe detto che la menzogna non poteva mai essere eticamente giustificata, oltre ad avere rifiutato la possibilità di qualsiasi eccezione a questa regola. Ci sembra però facile immaginare situazioni che smentiscano la presunta superiorità etica della scelta di non mentire mai. Un chiaro esempio è quello del cittadino che, vivendo sotto una dittatura che annienta gli oppositori, nasconde in casa sua un attivista per i diritti umani in fuga dalle persecuzioni della polizia politica. Questa ultima, poi, bussa alla sua porta e chiede se c'è qualcuno oltre al residente, o se per caso questo ha qualche notizia del "pericoloso sovversivo" tanto ricercato, che sarebbe stato visto dai dintorni.
Di sicuro, se non mente, questo individuo commette sì una grave infrazione etica, in quanto consegna l'attivista ai suoi carnefici, che lo porteranno in una stanza delle torture e alla morte.
Salta ai nostri occhi che di fronte a un tale nemico, mentire è l'unica opzione corretta.
Poiché questo potere di polizia è illegittimo, poiché esercitato dai dittatori, non c'è motivo di riconoscerlo e viene imposto il dovere etico di mentire a difesa di un avversario minacciato.
Da questo esempio, possiamo estrarre elementi di base sempre presenti alla persona che sceglie tra dire la verità (V) o una menzogna (M):

A) Personaggi
1) Dichiarante D: quello a chi tocca la scelta fra dire la verità o mentire.
2) Figura F: la persona a chi si rende questa detta dichiarazione;

B) Forze:
1) Potere, proclamato o presunto, di F;
La verità (V) o la bugia (M) sono attributi di affermazioni, che vengono sempre mediate da relazioni di potere tra chi le dichiara e l'altro a chi esse sono destinate;
2) Il potere di F può essere legittimo o invece no;
3) Il processo di deliberazione di D tra V e M. Questa opzione tra mentire oppure dire la verità ha luogo nel sé cosciente e implica un processo di valutazione, cioè, una presa di posizione davanti a accettare o meno, ll potere effettivo o presunto del destinatario della dichiarazione.

Quando qualcuno dice una bugia, crea nella sua propria mente due registri paralleli di memoria legati ai due eventi: il vero e il falso. Di conseguenza, il Sé si biforca. Succede che questa biforcazione genera reti alternative diverse di fili associativi, la cui finalità è catturare la realtà, o invece mantenere la coerenza tra la bugia e gli altri eventi del mondo.
Per capire cosa si intende qui, ricorda il famoso consiglio: "le bugie hanno delle gambe corte". Queste gambe sono la coerenza, come i fili delle ragnatele, che cerca per catturare e interpretare il mondo. I fatti vissuti dal soggetto sono analoghi alle prede i cui devono essere catturati della ragnatele.
Più importante è l'evento di cui si tratta, più difficile sarà mantenere la coerenza tra le associazioni derivate dalla menzogna, e più fragile sarà la rete dei fili associativi in torno ad questa.
Siccome la detta rete delle associazioni si può dire l'organo mentale per catturare e interpretare il mondo, ogni bugia genera qualche grado di insicurezza. Se sono frequenti, le bugie hanno come conseguenza gradi diversi di fragilità dell'io e vari gradi di confusione per discernere quale è la realtà vissuta dal soggetto, in altre parole, diventa incerto quale rete associativa si riferisce alla realtà fattuale da lui percepita.
Il test di realtà, quindi, si indebolisce con ogni bugia su eventi significativi.
L '"io" emerge indebolito, poiché genera reti divergenti per catturare il mondo.
La personalità non mantiene una rete associativa unica come base di sua coerenza interna.

Corollario: Ognuno chi mente riconosce il potere di quello a chi la verità non è detta.
Quando se lo fa con leggerezza, la prima vittima della menzogna è lo stesso legame mentale del bugiardo con la realtà.

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