Trascrivo sotto l'ultimo paragrafo del "Le Città Invisibili"* d'Italo Calvino, questo gran narratore che ha fatto della letteratura potente strumento di rivelazione delle sue idee filosofiche.
" E Polo [Marco Polo risponde a Kublai Kahn, imperatore mongolo]:
-- L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce faccile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino a punto di non verderlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."
*Einaudi Editore, 1972
" E Polo [Marco Polo risponde a Kublai Kahn, imperatore mongolo]:
-- L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce faccile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino a punto di non verderlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."
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