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January 26, 2024

Nichilismo e Realtà nel #Rashomon** (1949), Capolavoro di Akira #Kurosawa


Avvertenza: Questo saggio contiene SPOILERS, e p
er catturare il suo significato, è necessario aver guardato il film prima.

** Film prodotto presto dopo la Seconda Guerra Mondiale, la cui trama è liberamente basata su due racconti di Ryunossuke Akutagawa, scrittore giapponese.               

"In un mondo che diviene, realtà è sempre solo una semplificazione per scopi pratici, o un'illusione basata su organi grossolani, o una lacuna nel tempo del divenire. La negazione e la nichilization del mondo attraverso la logica vengono dal fatto che ci opponiamo ai termini 'essere' 'non-essere', e quindi il concetto di 'divenire' è negato. "
Nietzsche, Frammento postumo, SW, v.12, autunno 1887

"Contro il positivismo, che si ferma nei fenomeni, e dice 'esistono solo situazioni di fatto', direi di no, dei fatti non ce ne sono, ma invece soltanto delle interpretazioni. Non possiamo mai trovare alcun fatto 'in sé': forse anche è un'assurdo volere qualcosa del genere".
Nietzsche, in 'La Volontà al Potere, Tentativo di Rivalutazione di Tutti i Valori'***, Hauptwerke, 2, p 337
1) PRIME SCENE

Sotto un portico abbandonato di Kyoto medievale, il cui nome è Rashomon, tre persone si incontrano: un monaco errante, un taglialegna e un girovago per proteggersi da una pioggia pesante.
Il boscaiolo e il monaco riportano loro orrore causato da una storia di stupro seguito da morte violenta, di cui erano stati chiamati a testimoniare dinanzi a un tribunale. Il viandante ascolta il rapporto del monaco, chi usa delle parole pie e senza speranza per affermare di non aver mai visto nulla di così sconvolgente: nemmeno i peggiori crimi, né guerre, né incendi, né epidemie. 

Sprezzando le sue parole, il camminatore interrompe il discorso del monaco, avvertendo di non essere lì per ascoltare dei sermoni, e dice che solo storie interessanti meritano di essere raccontate. Persino le bugie possono valere la pena di raccontate, ne bastando pertanto che catturino la nostra attenzione ed interesse. E sgarbatamente dice: "Abbastanza di sermoni!" Il taglialegna s'avvicina e inizia il relato della sua versione, la stessa che aveva riferito alla polizia. In questo momento, la scena si sposta prima a uno spazio per testimonianze giudiciarie, e poi a un denso bosco.


2) LA VERSIONE DEL TAGLIALEGNA

Come ogni mattina, era uscito alla ricerca di buona legna nella foresta. Dietro ad un cespuglio fu affrontato improvvisamente con alcune cose insolite lì: un cappello da donna, pezzi di abbigliamento, "tutto senza valore", lui sottolinea. Fino a quando non vide un cadavere e, terrorizzato, corse in città per riferire il ritrovamento alla polizia. Quando il giudice chiese se avesse visto anche lì un pugnale, il boscaiolo lo negò con veemenza.


3) LA TESTIMONIANZA DEL MONACO

Il religioso disse all'autorità giudiziaria, in tono malinconico, che aveva incrociato lungo la strada con l'uomo ormai morto chi scendeva a piedi, tirando un cavallo su cui la moglie andava. Quello era successo circa tre giorni fa. Indossava un cappello a tesa larga con un velo per coprire tutto il suo viso. E finisce il suo breve rapporto affermando che non avrebbe mai potuto prevedere che un tal uomo sarebbe finito in quel modo, ma aggiungeva che l'esistenza umana è molto fragile, "evanescente come la rugiada del mattino, e breve come un fulmine". Lui riferisce niente sulla bellezza della donna.

4) L'AGENTE DI POLIZIA


Orgoglioso del suo successo, il poliziotto disse di aver catturato Tajomaru, il bandito più temuto e ricercato conosciuto, facilmente, poiché aveva trovato lui scaduto sulla margine di un fiume, sicuramente abbattuto dal cavallo rubato. In questo modo era stato punito con giustizia per i torti che aveva commesso. Ha concluso questo rapporto affermando che tra i crimini di questo bandito, quello ora indagato si potrebbe sicuramente contare.

5) LA VERSIONE DI TAJOMARU

Dopo aver sentito il suo rapitore dire che era buttato giù dal cavallo come una punizione, Tajomaru scoppia a ridere e dice che era lì, vicino al fiume, abbattuto dalla stanchezza e dalla sete: forse aveva bevuto acqua contaminata da qualche fonte. Nonostante affermasse di avere, sì, ucciso quell'uomo, spiega che all'inizio pensava di non farlo.

--- "In quel pomeriggio molto caldo, ero sdraiato sotto il baldacchino di un albero sul ciglio della strada, quando una leggera brezza mi sveglió. Non fosse per quella brezza, e niente di ciò venuto dopo sarebbe accaduto."

Vide allora un uomo alla guida di un cavallo dove veniva una donna bellissima. Mentre passavano proprio di fronte a lui, a pochi metri, la stessa brezza ha sollevato il velo che le copriva il viso, e un desiderio urgente di possederla balzò nell'anima di Tajomaru. Avrebbe ucciso il marito se necessario, ma pensava anche di potersene sbarazzare di lui altrimenti.
Ha deciso di lasciarli seguire per un bon tratto di strada, e attraversando una scorciatoia in mezzo alla fitta foresta, poi improvvisamente saltare davanti alla coppia. Mostró una spada di valore 'inestimabile' a quell'uomo, dicendogli che poteva comprarlo per un "prezzo molto basso". E non solo la spada poiché c'erano molti altri oggetti preziosi ritirati da lui stesso da antiche tombe nascoste in quei dintorni. A tale scopo, sarebbe sufficiente camminare lungo i binari della foresta, fino a raggiungere il nascondiglio di tutti questi beni.
E così i due uomini fecero, lasciando quella donna sola con suo cavallo sul ciglio della strada. Nel mezzo della foresta, Tajomaru attacca il suo rivale e lo lega con corde e bavaglio, lasciandolo seduto in una piccola radura, incapace di qualsiasi tipo di movimento. Spara ora verso il luogo in cui la donna era sola, già facilmente raggiungibile. Quando la trova, lei gli dice che suo marito è stato morso da un serpente. Senza un velo, il suo viso mostra intensa sofferenza, e questa dimostrazione di forte attaccamento al marito suscita a Tajomaru un'intensa invidia e molto odio. Di fronte a questo, lui cambia i piani: decide di portarla nella stessa radura in cui è rimasto il prigioniero, per umiliarlo al massimo, e possederla davanti agli occhi del marito. Ed è quello che fa: dopo un certo dispendio di forza con lotte e tentativi di fuga, lo stupro viene consumato di fronte al marito impotente.
Eppure, ci venne un elemento inaspettato: la moglie violentata finisce per arrendersi al suo stupratore, partecipando attivamente e con gusto all'atto sessuale. E, dal racconto del malvivente, l'esito di questa storia non sarebbe stato un omicidio, non fosse per la reazione dalla donna violentata quando, dopo il loro godimenti, lei vide che Tajomaru intendeva lasciarla lì e andare via solo ed in fretta.
Lei ha fatto irruzione nelle suppliche, sostenendo che non poteva continuare a vivere così e che uno dei due uomini sarebbe dovuto morire. Il bandito risponde, con alterigia, che non avrebbe avuto alcun particolare desiderio di possederla - "poiché lei era uguale a tante altre donne" - però si trova costretto a lottare per la sfida ora presentata a suo orgoglio. Quindi lui rilascia il marito prigioniero e dagli una spada. Si segue una lotta feroce, in cui quel marito appare como il migliore tra tutti gli spadaccini che abbia mai affrontato, ma nonostante ciò, la lotta finisce con la vittoria del rapinatore e la morte dell'altro. Quando il duello fu finito, lui non aveva più visto la donna, chi probabilmente si sarebbe fuggita terrorizzata nel bel mezzo della lotta.Quando il duello era finito, non avrebbe visto la donna che probabilmente si sarebbe sfuggita terrorizzata nel bel mezzo della lotta.
Quando il giudice gli chiese se avesse visto lì un pugnale, Tajomaru lo confermò e affermò di essere prezioso, e che averlo lasciato nella radura era stata una "sciocca distrazione".
Tajomaru sembra di avere solo una ragione per mentire: l'orgoglio. Bandito noto come assassino pericoloso, sarebbe comunque ucciso dopo quell'indagine, qualsiasi fosse la verità sulla morte di quel marito. Questo disse lui stesso davanti al giudice. Non aveva nessun'interesse in mentire perché non c'era via di scampo per lui.

6) LA TESTEMONIANZA DELLA DONNA

Dopo essere stata violentata da quel criminale, ha pianto in mezzo alla radura, finché non ha girato gli occhi sul marito incatenato. La fissò con occhi freddi e terrificanti. Lo pregò di smettere di guardarla in questo modo, ancora e ancora, senza alcun successo. Lo supplicava di ucciderla, ma lui le suggerì di non esserne interessato. E continuò con lo stesso sguardo, odiosamente diretto verso di lei, la cui disperazione non fece che aumentare. Poi raccolse il pugnale e lentamente lo spinse contro il suo petto. Tuttavia, non era certa di averlo ucciso, perché improvvisamente svenne e, quando si svegliò, suo marito era infatti morto da una pugnalata al petto. Lei pensa allora che solo le sue mani avrebbero potuto colpirlo, anche se avesse più la certezza di averlo fatto. Il suo racconto culmina in un'intensa crisi di pianto, in cui racconta di aver provato a suicidarsi lanciatasi in un fiume.

7) LA VERITÀ DEL MORTO


"I morti non parlano", dice il taglialegna, prendendo in giro quest'altra testimonianza.
"I morti non mentono", risponde il monaco, chi prosegue raccontando ciò che il medium aveva trasmesso. La scena sullo schermo torna quindi al sito dello stupro, in mezzo alla foresta.
L'uomo disse che dopo aver violentato la sua moglie, Tajomaru cercò di persuaderla a andarsene via insieme a lui, abbandonando suo marito. Lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, lasciando anche la sua vita di vagabondo per vivere come un altro umile lavoratore cittadino.
In questi momenti, poco dopo lo stupro, il morto afferma di aver visto una bellezza estrema nella sua moglie, prima da lui sconosciuta. Ma era sicuro che lei non avrebbe ceduto mai alle suppliche del bandito per seguirlo in una nuova vita. Eppure, si ha visto presto come completamente deluso, dal fatto che lei acconsentì a partire con Tajomaru, a patto che lui uccidesse suo marito subito.
Sentito questo, entrambi gli uomini vengono indignati, lo stupratore si rivoltò contro di lei, sopraffacendola e ha chieso al marito se voleva che lui la uccidesse subito. Non c'è stata risposta.
"Ho perdonato Tajomaru per tutto ciò che aveva fatto, in quel momento". Proferisce il morto.
Poi ella corre via attraverso il bosco, e il ladro la insegue. Dopo un po ', Tajomaru torna nella radura e lo libera dalle corde, dicendo parole di consolazione: "ora è prendersi cura della vita".
Nonostante queste parole, dal tutto ciò che era accaduto, decise di uccidersi seppellendo il pugnale nel proprio petto.
Dopo un po ', sente che qualcuno si sta avvicinando e prende la daga dal suo petto. Non poté sapere chi l'ha fatto, perché restava già morto nella stessa oscurità da cui parlava ormai attraverso il medium.

8) LA SECONDA VERSIONE DEL TAGLIALEGNA

Sotto il portico di Rashomon, il taglialegna insiste sul fatto che quest'ultima versione è anche una bugia, poiché non c'era affatto un pugnale, e in effetti c'erano stati combattimenti con le spade tra gli uomini. Come, tuttavia, poteva saperlo con una tale certezza se fosse , come aveva detto all'inizio, venuto solo dopo lo stupro, la violenza e la morte? Lo vagabondo lo sfida a dire la verità, poiché era evidente che aveva mentito.
Ammette, allora, che ha mentito alla polizia per non voler essere coinvolto, e racconta una nuova sequenza di fatti: dopo aver raggiunto il bosco, Tajomaru ha cercato di persuadere quella donna a fuggire con lui, senza successo.
Suo marito era legato da corde, a guardare tutto. Di fronte agli inviti dello stupratore, lei risponde che una donna non è in grado di rispondere chiaramente a questo tipo di domande. All'improvviso lei prende una spada in mano, libera il suo marito, e gettasi a terra a metà strada tra l'uno e l'altro.
L'assalitore dice di essere pronto per il duello, che gli pare una soluzione in quel momento. Il suo rivale, tuttavia, si alza in piedi dicendo che per una donna del genere non avrebbe mai più combattuto, liberando Tajomaru di portarla con sé in caso lo desiderasse. Da questa umiliazione ne consegue che lei li esorti fortemente a combattere, chiamando a entrambi codardi.
La lotta a spade, però, è da lui descritta come molto diversa da quella descritta da Tajomaru. Quest'ultimo si scuote molto dalla paura, ed entrambi i rivali scappano uno dall'altro più di ogni altra cosa. Poco incrociano le loro spade. Quindi, il risultato è favorevole allo stupratore soltanto per fortuna.
Secondo il taglialegna, non c'era, affatto, nessun pugnale.


9) SCENE FINALE

Boscaiolo, Vagabondo e Monaco continuano insieme sotto il Rashomon, a guardare una pioggia torrenziale, il curumore potrebbe forse attutire il suono delle bugie raccontate dagli uomini. Ad un certo punto, l'errante dice al religioso: "gli umani hanno sempre bisogno di dimenticare qualcosa, per questo inventano così tante storie. Si ricorda che lo stesso vagabondo aveva detto nelle prime scene: "Non me n'importano delle menzogne, purché siano interessanti". Dopo, lui si rivolge all'umile boscaiolo e dice che non ci crede nella sua versione dei fatti, perché è stato certamente lui a rubare il pugnale. Con rabbia, l'imputato afferma di non essere un bugiardo, al quale risponde l'errante che nessuno avverte prima o dopó di mentire. Il taglialegna rimane tace.
Passa poco tempo e loro sentono il grido molto vicino di un neonato. Il vagabondo si affretta a prenderlo. Tuttavia, monaco e boscaiolo vengono esasperati al vedere che lui non era andato a soccorrere il bambino, invece, si era mosso per rubargli l'amuleto lasciato come simbolo di protezione. Lo criticano con veemenza, perché sarebbe un crimine atroce. Il ladro sostiene nella sua difesa che i veri criminali furono i genitori del bambino, che hanno avuto il loro godimento, e adesso, in questo modo maligno, dal piccolo si sbarazzavano.
"Pensa, però, a quanto hanno sofferto quei genitori per prendere questa decisione", dice il taglialegna.
Nulla, tuttavia, cambia la determinazione del vagabondo, che prende per se l'amuleto e sfugge dal Rashomon senza ritornare più.
Il monaco è ora con il bambino tra le sue braccia, come per proteggerlo dal mondo assurdo in cui è appena arrivato. Il contadino cerca di prendere il bambino dalle sue mani, a cui il religioso reagisce bruscamente e paurosamente. Questo gesto, tuttavia, è affrettato, perché l'uomo umile dice di avere sei figli, e che una bocca in più a casa sua non renderà le cose più difficili.
N'essendo allora pentito dal suo atteggiamento di sfiducia, il monaco si scusa e gli consegna il bambino. Grazie alla semplicità dell'atteggiamento del taglialegna, afferma di aver riacquistato la fiducia negli umani.
La pioggia si ferma, il contadino parte con il bambino. Il film finisce.

10) COMMENTO E L'ÚNICA SOLUZIONE

Citiamo ancora Nietzsche:

"Critica del nichilismo: il nichilismo, come stato psicologico, dovrà arrivare, prima, quando abbiamo cercato un "senso" in tutto ciò che accade, senso che non c'è: in modo che quello chi lo cerca alla fine si trova scoraggiato. il nichilismo è diventare consapevole del grande spreco di forza, il tormento del "invano", l'incertezza, la mancanza di condizioni per, in ogni modo, ristabilire se stesso, per poter ancora riposare su qualcosa - è la vergogna davanti a se stesso, come se uno avesse mentito per troppo tempo...Quel senso potrebbe essere: l'adempimento di un canone morale superiore in ogni evento, l'ordine morale del mondo, o la crescita dell'amore e dell'armonia nella relazione tra gli esseri, o l'avvicinarsi a uno stato di felicità generale, o persino il perdersi di uno stesso allo stato generale del nulla - un obiettivo è sempre un senso. La cosa comune a tutte queste forme di rappresentazione è che qualcosa deve essere raggiunta attraverso il processo stesso - fino a che si percepisce che con il devenire niente si ottiene, nessun obiettivo è raggiunto ... "Il nichilismo come stato psicologico ha ancora una terza e ultima forma. Date queste due scoperte che con il divenire non si deve raggiungere nulla, e che sotto qualsiasi divenir non prevale qualche unità più grande, in cui l'individuo dovrebbe immergersi completamente, come in un elemento di maggior valore: rimane quindi un pretesto per giudicare tutto questo mondo del divenire un'illusione, e per inventare un mondo in cui, al di là di questo, rimanga come il mondo reale.Eppure, non appena l'uomo scopre quanto questo mondo [ideale] è costruito solo dai suoi bisogni psicologici, a cui non ha affatto alcun diritto, viene costituita la forma definitiva del nichilismo, che racchiude in sé l'incredulità in un mondo metafisico - e la credenza anche in un mondo reale viene proibita. Da questo punto di vista si prende la realtà del divenire come l'unica realtà, tutti i tipi di deviazioni nei mondi dell'al di là sono proibiti, così come sono proibite le false divinità - ma questo mondo cui non è più supportato, non si può più negare..." Cos'è successo, in fondo? Il senso di mancanza di valori è stato raggiunto quando fu concepito che né il concetto di "obiettivo" né il concetto di "unità" né il concetto di verità dovrebbero interpretare il carattere totale dell'esistenza. Quindi, nulla è raggiunto, nessun obiettivo; manca la totalità dell'unità nella molteplicità dei fatti: il carattere dell'esistenza non è "vero", è falso... non c'è più alcun motivo per credere in un mondo vero... "Insomma, 'unità', 'essere', con cui diamo un valore al mondo, sono di nuovo ritirati da noi - e quindi il mondo ci sembra senza valore ... "Il nichilismo come stato psicologico avviene quando viene attribuita una totalità, una sistematizzazione, persino un'organizzazione a tutti gli avvenimenti, e in base a tutto ciò che accade. In fondo, l'uomo perde sua fiducia nel suo proprio valore, se attraverso di lui non agisce un tutto infinito e prezioso, cioè l'uomo concepisce il tutto in modo tale da poter credere nel proprio valore".***

Come si può dedurre non c'è conzialiazione possibile tra i vari resoconti degli eventi che seguirono lo stupro e hanno culminato in quella morte violenta. Prima di essere un mero insieme di bugie, versioni così diverse indicano una caratteristica umana molto ovvia: non siamo in grado di lanciare sguardi puramente imparziali a ciò che accade intorno a noi, o persino anche verso noi stessi. Sono non più che parole vuote i discorsi su prospettive neutrali, opinioni disinteressate. Le nostre passioni ci guidano sempre, sono la nostra locomotiva, il cui motto, questo sì, potrebbe essere "Non ducor, duco!
Da un'altro punto di vista, potremmo chiederci chi potrebbe essere capace di codurre una ricerca sempre neutrale del fatto veritiero, dell'evento realmente accaduto in quella foresta?
1) L'autorità giudiziaria, siamo portati a pensare, ucciderà Tajomaru, più per il suo passato che per questo presunto crimine, indipendentemente dal fatto che abbia o meno la responsabilità della morte di quell'uomo. Ma non rischierebbe di distorcere la verità di questo crimine per mostrarsi efficiente?
2) Noialtri, spettatori di questo capolavoro di Kurosawa quando tentiamo di decifrare l'enigma della trama saremo in grado di trovarle un senso único, cui potesse rendere le contradizioni comprensibili e rappresentasse una solida realtà fattuale senza qualsiasi distorzione? Mica semplice una tale decifrazione, e presto ci sembra un compito impossibile. Questo tentativo di solvere il puzzle ne valerebbe la pena? Non saremmo, tutti, forse prigionieri di pregiudizi inevitabili al momento di lanciare nostri sguardi verso la trama enigmatica di Rashomon, detenuti da giudizi londizionati da nostri ruoli sociali, prefferenze, identificazioni personali [egoiche] sia con quella moglie, con lo stupratore, con il taglialegna, il monaco, il vagabondo, oppure il marito tradito?
La ragione della menzogna di Tajomaru è sua passione súbita e incendiária per quella moglie, la stessa fiamma intensa che l'ho portato a violentarla. In certo senso, se non fosse per semplice caso, per la fortuna che i Greci affermavano esser governata dalle Moira, ossia per quella coincidenza che aveva portato una leggera brezza sulla faccia del bandito nell'esatto momento di svegliarlo e dopo aveva fatto visibile quella bellissima silhouette femminile, e nessun crimine sarebbe accaduto.
Lui ha assunto su sé stesso la colpa per la morte, come intento di salvare la presunta assassina, mosso dall'intensa passione tra di loro sia prima, sia durante o dopo lo stupro.
Anche la donna fa un resoconto con certa verosimiglianza: quando sarebbe svenuta, non poté assistere al suicidio di suo marito, e sembró a lei anche probabile che fosse stata lei a ucciderlo, forse con impeto ormai incosciente. Poi gli amanti sarebbero sfuggiti di traverso nella foresta, lei avanti a lui perché in forte disperazione. In questo vortice di emozioni scontrollate, insensate, ella tenta di suicidarsi gettatasi alle acque di un fiume. Tajomaru la porta fuori dalle acque con difficoltà.
Ricordiamoci che la sua cattura da parte dell'orgoglioso poliziotto era accadduta alla margine di un fiume, dove era sdraito sul terreno, prostrato e senza alcuna condizione per resistere. Il monaco, anche lui un errante, si mostra disperato, senza nessuna speranza nell'umanità per la estrema diversità fra le versioni narrate su quell'evento insolito.
Cerca lì un singolo, vero e reale senso, ma non lo trova per niente. Dietro la molteplicità delle prospettive umane, non c'è unità immanente più alta. Chiunque lo cerca, non trova nulla. Alla fine si perde la forza e s'inizia a desiderare 'il nulla'.
Se solo attraverso la versione di una persona morta, ottenuta da un contatto mediunico, è possibile avere accesso alla verità, spogliata di qualsiasi passione, di qualsiasi interesse, emergono due conclusioni:

A) Il senso della vita umana non si svela, non si dà in questo mondo. Non può esserci alcun senso comprensibile, né deducibile razionalmente, nelle nostre vite empiriche. Ciò implica che è impossibile per gli uomini conoscere qualche realtà che non sia relativa e transitoria. La verità assoluta, se ce n'è qualche valore semantico in questa espressione, è trascendente per noi.
B) Per coloro che credono nel'aldilá, il reale può essere forse accessibile dalla trance mediunica, come in quest'opera di Akira Kurosawa. Per gli altri, la realtà sarà sempre solo un'altra finzione.
L'essere immutabile, la realtà assoluta di Parmenide può essere concepito solo sotto l'ottica del nulla.
Un'altra risposta è: la versione dell'uomo morto è tanto logica quanto priva di significato. La realtà è finzione tanto quanto il lavoro dei medium.
Soltanto il divenire c'è, come voleva Eraclito.


***{['La Volontà al Potere' (Der Wille zur Macht) è un'opera di grande importanza per Heidegger, nonostante problemi riconosciuti nella selezione finale del suo contenuto. Va sottolineato, tuttavia, che non c'è dubbii che Nietzsche sia il vero autore di tutto che dopo fu sotto questo titolo pubblicato da sua sorella Elizabeth Förster Nietzsche. È, però, impossibile sapere se l'autore l'avrebbe pubblicata come un'opera unica, oppure quale sarebbe stata la forma finale da lui stesso scelta, non fosse lui diventato improvvisamente incapace, nel 1889. Davanti a questI dubbi Colli e Montinari, nell'edizione che usiamo, diluiscono i loro testi nei "Frammenti postumi" [SW, v 13]}

      A. Kurosawa, alla sinistra, e Toshiro Mifune(Tajomaru)
 

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